07/12/2016 – Il dirigente apicale che è in loro

Il dirigente apicale che è in loro

 

La sentenza della Corte costituzionale n. 251/2016, pur con il suo evidente cerchiobottismo, ha stoppato la riforma della dirigenza sfornata dalla L. 124/15. Il referendum costituzionale del 4 dicembre ha interrotto la rincorsa del renzismo. Il “combinato disposto” ci concede la speranza dei tempi supplementari, quando la partita sembrava già chiusa con una definitiva eliminazione.

Corte costituzionale e referendum costituzionale, quindi. Verrebbe da dire, con le parole di Marco Travaglio, che una sorta di provvidenza “laico costituzionale” ci ha salvato in extremis.

Se una volta esisteva il “culo di Sacchi”, in questa circostanza è scattato una sorta di “culo dei segretari” (mi scuso per il linguaggio greve ma semel in anno….). Ma non si vive solo di culo! Il culo (quando si ha la fortuna di averlo) aiuta una tantum.

Nessun merito di nessuno, sono state le circostanze… Salvo la tenacia fiduciosa di Ciro.

Ora però tocca a noi. Ho sostenuto in passato che la Storia non si ferma e che può seguire spesso sentieri tortuosi ed imprevedibili. Dobbiamo sfruttare questa insperata prova d’appello che ci viene concessa dal fato.

Ora, dopo un lunghissimo silenzio, si è destata anche la Segreteria nazionale dell’Unione che ha pubblicato ieri un documento http://www.segretarientilocali.it/Unione/A2016/comunicato_segreteria_5.12.2016.pdf che io ho trovato semplicemente irritante.

Dice poco, in realtà, quel documento, che cerca di rivendicare, ex post, all’Unione meriti che l’Unione non ha.

Ma nonostante i molti equilibrismi ed un ottimismo autocelebrativo del tutto fuori luogo, ad un certo punto il documento non riesce più a celare la vera vocazione del sindacato, che – come un rigurgito improvviso – appare inopinatamente.

Leggiamo insieme il passaggio decisivo: “starà a noi saper approfittare di quanto è accaduto per arrivarci uniti, coesi, e consapevoli che, col nome che abbiamo, Segretari, siamo già noi ad esercitare la funzione di Dirigenti Apicali degli Enti Locali. E’ da questo dato che dobbiamo partire per una rinnovata centralità dei Segretari nel sistema delle Autonomie.”.

E’ evidente, una volta di più, chi –al di là di una estrema remora di carattere nominalistico – spinge per il “dirigente apicale” e per la sua sempre più accentuata collocazione “nel sistema delle Autonomie”.

Il dirigente apicale è un loro chiodo fisso; la municipalizzazione la conseguenza naturale.

Non esiste per UNSCP la questione drammatica ed insoluta che pone l’art. 11, L. 124/15.

Questione non di carattere accademico ma che segna già oggi quotidianamente ed in maniera drammatica la nostra esperienza lavorativa: il dissidio tra l’essere braccio destro del Sindaco ma anche il controllore ed il freno alle sue smanie più estreme. E non un controllore tanto per dire ma il controllore che paga per conto terzi (ossia il massimo della coglionaggine).

L’art. 11 istituzionalizza lo iato funzionale esistente tra i  “compiti di attuazione dell’indirizzo politico” e quello di “controllo della legalità dell’azione amministrativa”. Sono, così definite, funzioni eccessive, ridondanti, enfatiche, debordanti. Ma soprattutto sono funzioni che lo stesso soggetto fatica a svolgere nello stesso contesto diacronico e sincronico.

Lo scrissi sin da quando le elucubrazioni di UNSCP sul tema presero corpo a metà dello scorso decennio.

Quelle due funzioni sono troppo generiche; troppo smisurate; troppo indefinite ed operativamente piuttosto incompatibili per essere attribuite ad uno stesso soggetto.

La legge Madia invece di risolvere la contraddizione l’ha enfatizzata, portandola all’esasperazione.

Senza dimenticare che questa estrema contraddizione funzionale si cala non in una amministrazione “coesa” e piuttosto coerente quali sono, ad esempio, le amministrazioni ministeriali. In quegli ambienti ovattati e piuttosto schermati (se non nei vertici) la dirigenza non vive nel fuoco vivo della contesa politica e comunque è al posta al riparo dalle tensioni sociali più accese (non hanno cittadini, utenti ed imprese costantemente alla porta e con il coltello tra i denti).

Nel nostro caso la contraddizione si esaspera sino al parossismo, nel crogiuolo vieppiù incandescente dei sempre più mal messi enti locali. Noi svolgiamo un lavoro di trincea (tra il fango e la merda) ed in primissima linea, laddove tutta l’altra dirigenza sta nelle retrovie della PA. E volete mettere quale differenza (al netto di fango e merda) c’era tra essere, in quell’autunno di cento anni fa, a Haumont invece che a Soully (per chi ricorda la macelleria di Verdun tra l’ottobre ed il dicembre 1916)? … O, se preferite riferimenti nostrani, pensate alla differenza tra chi stava ad offrirsi in pasto alle mitraglie ed ai cannoni sulla Bainsizza e chi stava con la 5° armata in quel di Castelfranco.  

Mi si dirà: ma la legge Madia è stata dichiarata incostituzionale. Certo! Ma la declaratoria è intervenuta per ragioni meramente procedurali e non per obiezioni di merito. Per cui è facile prevedere che, se continueremo a tacere, da lì si riprenderà la trama della riforma.

In questo quadro appare di cattivo gusto richiamare (ed agitare) il pericolo di un “esubero sostanziale di quasi tutti i 3.500 segretari”.

Anche questo stereotipo, così caro al sindacato (agitare lo spettro della disoccupazione per farci ingurgitare ogni porcheria), va ricusato una volta per tutte. In oltre 150 anni di Stato unitario, neppure all’epoca dei regnicoli, neppure all’epoca delle camicie nere, e meno che mai nell’Italia repubblicana, è mai accaduto che una intera categoria di impiegati pubblici sia stata licenziata in tronco e lasciata in mezzo alla strada. E, meno che mai, nessuna organizzazione sindacale ha mai governato la propria base sotto il continuo ricatto della disoccupazione incipiente.

Solo l’UNSCP agita costantemente questo spauracchio…. Per rendere accettevole ogni resa; ogni baratto; ogni deminutio.

Per restare ai richiami secolari alla grande guerra, peggio dell’assalto all’arma bianca c’è la minaccia del plotone di esecuzione delle decimazioni.

Il fatto che il Sindacato continui ad agitare questo rischio per farci accettare una condizione altrimenti disonorevole, lo trovo osceno.

Tocca dunque a noi; a ciascuno di noi. Anche questo documento ci testimonia quale obiettivo animi l’UNIONE: portarci spauriti e sotto ricatto (l’alternativa è il l’esubero) alla ripresa delle ostilità.

Non facciamoci fregare una volta ancora.  

 

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